L'ira
è un moto di ribellione. Ci sentiamo offesi da qualcuno, urtati
e infastiditi da eventi che non collimano con il nostro modo di pensare.
Rimaniamo contrariati, ci riteniamo danneggiati e ostacolati nei nostri
desideri.
Daremo in seguito una descrizione più accurata delle sfumature
di questa passione. Cerchiamo ora di esporre l'aspetto più nascosto
del fenomeno.
Purtroppo infatti, la frenesia, la stanchezza, la superficialità
e il desiderio d’evasione da una quotidianità che delude,
non ci consentono la corretta "visione" delle cose.
Il Cristo insegna a cercare seriamente, a bussare senza posa, a chiedere
senza formalismi, né titubanze e scetticismi.
Rammentiamoci il detto di Goethe: “È
giorno ancora, si muove l’uomo alacre, vien poi la notte, ed ogni
oprare è vano”, il quale è sublimato in poesia
l’insegnamento di Gesù: “Noi
dobbiamo operare […] finché è giorno; viene la notte,
quando nessuno può lavorare”. Gv 9, 4.
L'uomo è un essere pensante dotato di coscienza e sa, in cuor
suo, ciò che è bene e ciò che è male, naturalmente
in rapporto all’evoluzione individuale, quindi, quando è
succube di uno scatto d’ira, si accorge, in base al suo sentire,
di stare esagerando. Ma preso ormai dalla corrente tumultuosa della
passione (dunque è passivo) non riesce più a frenare e
a controllarsi, e le conseguenze possono diventare gravissime.
Dunque rendiamo più celere il passo della nostra anima, confidenti,
ma soprattutto consapevoli della Divina Bontà e Sapienza.
Questo vizio tanto comune, presenta una notevole quantità di
gradi, dei quali presentiamo i principali:
La collera deriva dal latino cholera,
dal greco cholé (il greco choléra indica
la malattia), e designa in primo luogo la "bile", fluido corporeo
che si è sempre ritenuto particolarmente collegato alle facoltà
irascibili, perché gli antichi la attribuivano all'agitarsi di
questo fluido.
Tale passione era dunque secondo loro, un movimento bilioso.
La stizza è un’ira
improvvisa e passeggera, provocata per lo più da impazienza e
contrarietà.
L'impazienza è un’abituale
disposizione ad irritarsi per la minima contraddizione. Si manifesta
con una vivacità inquieta e imperiosa, con parole vive ed interrotte,
accompagnate dal batter dei piedi e della rapida contrazione dei muscoli
della faccia.
Nel fisico come nel morale l'impazienza è segno di debolezza.
Lo sdegno è un vivo risentimento
di disapprovazione verso qualcosa che offende, ma quando non riguarda
noi (perché sarebbe ferito il nostro orgoglio), allora diventa
nobile difesa ai deboli, agli oppressi, agli umiliati.
Il trasporto è una propensione
ad ergerci per ogni lieve ostacolo e quindi ad usare un tono di voce
disarmonico, a fare gesti scoordinati e molto convulsi accompagnati
a volte da parole taglienti e pesanti.
La violenza non si limita alle minacce;
più ardente del trasporto si abbandona ad atti di villania o
di brutalità verso coloro che ci offendono e ci contraddicono.
Il furore è l’apice
dell'ira, è la più impietosa ed eccentrica di tutte le
reazioni dell'anima che hanno per oggetto di incalzarci contro il male
per respingerlo con… altrettanto male!
Attenzione! La violenza può calcolare il pericolo della resistenza
da superare ma il furore, interamente cieco, non sa che precipitarsi
sul nemico, qualunque sia la sua superiorità, può ritorcersi
contro se stesso allorché non gli sia dato di neutralizzarlo.
Il furore può condurre alla pazzia ed anche al suicidio.
L'odio è un'ira prolungata,
un'ira cronica. Meno concitato di quest’ultima, all'apparenza
fermenta con eguale forza, e quegli che la prova non mancherà
di subire gli effetti del dolore morale.
La vendetta è la crisi dell'odio.
Consigliera funesta, rode il cuore dello sciagurato del quale si impadronisce,
finché non prova la triste gioia di vedere il nemico soccombere
sotto i suoi colpi.
Infine esiste una specie di piccola vendetta vergognosa e pusillanime,
che si osserva più particolarmente nei bambini, ed è il
dispetto, condizione dell'anima rattristata dall'impotenza
conosciuta di reagire contro una superiorità fisica o morale.
Nessuna età né persona è esente dall'ira; la più
universale e certo la più contagiosa di tutte le passioni; la
maggior parte infatti delle altre offende gli individui separatamente
mentre essa contagia in un istante tutto un popolo perché un'intera
folla, sollevata da pochissime parole può arrivare addirittura
al linciaggio. Gli altri vizi oscurano gli animi, l'ira li conduce al
precipizio. I suoi effetti sono sempre causa di rimpianto molto amaro.
Cause predisponenti:
La costituzione, il sesso, l'età, il clima, le professioni, la
salute o la malattia esercitano una notevole influenza.
I biliosi, i sanguigni e i nervosi sono irascibili in generale più
dei linfatici, che vengono dai più chiamati “bonaccioni”.
Il clima freddo asciutto e più ancora il grande caldo dispone
all'ira molto più dell’aria mite e del tempo piovoso.
Cause
determinanti
Le offese all'amor proprio, alla vanità, all'orgoglio ferito
e gli ostacoli opposti ai nostri desideri, sono le cause che più
spesso sviluppano in noi questa terribile reazione dell'anima.
Una concausa assai importante è la debolezza che hanno parecchi
genitori di concedere ai figli tutto ciò che chiedono con grida
e atti d’impazienza. Quando il bambino si sarà servito
una volta con buon successo di tale mezzo per ottenere quello che brama,
continuerà per istinto ad usarlo; e, se vi ricorre spesso, come
potrà poi correggersi di un vizio di cui l'abitudine avrà
fatto una seconda natura, mentre un’educazione cominciata fin
dalla culla l'avrebbe senza dubbio distrutto o almeno modificato di
molto?
Non v'è precauzione che basti a mettersi in guardia contro questo
dispotismo della debolezza.
Il sospetto, le errate e preconcette interpretazioni dei discorsi altrui,
le supposte offese, la presunta mancanza di rispetto verso la propria
persona, sono ulteriori assurdi pretesti che danno fiamma a questa diabolica
esplosione di follia.
In realtà, non hanno peso i motivi per i quali diamo in pesanti
escandescenze, come non ne hanno quelli che eccitano i fanciulli a litigare
e ad insultare.
Sua
dinamica
L'ira in principio scaccia e allontana l’uso della ragione e il
buon senso, perché il campo resti tutto suo, poi riempie ogni
cosa di fuoco, di fumo, di fragore, di tenebre.
Così prima ci si adira con uno, poi con un altro; prima con i
genitori, poi con i figli; con le persone che conosciamo, poi con degli
sconosciuti; motivi ce ne sono dovunque in abbondanza se lo Spirito
non si frappone ad illuminare.
La collera ci spinge all'ingiustizia, così ci adiriamo e ci inquietiamo
sia per un contrasto, sia per la coscienza di esserci corrucciati a
sproposito.
Il silenzio e la freddezza ci inaspriscono ugualmente, perché
né con scuse, né per mancanza di opposizione questo vizio
si lascia vincere o addolcire. Abdica la natura spirituale, infatti
questa spinge all'amore, quello all'odio; questa predispone al bene,
quello al male.
L'ira ci fa dire e fare cose indegne, vergognose, sconvenienti. In una
parola ci trasporta tanto oltre da indurci a commettere azioni scandalose
e irreparabili, tradimenti, uccisioni, avvelenamenti, cui seguono poi
pentimenti lunghissimi, inoltre è di grande ostacolo al progresso
spirituale.
Se non è repressa difatti ci fa perdere:
1) Il senno ossia la ponderazione;
2) La gentilezza, che abbellisce
le relazioni sociali;
3) La premura della giustizia,
perché la passione ci fa misconoscere i diritti del prossimo;
4) Il raccoglimento interno, così
necessario all'intima unione con Dio, alla pace dell'anima, alla docilità
alle ispirazioni Celesti.
In sintesi come ci insegna Francesco d’Assisi
l'ira e il turbamento impediscono la carità; sono come un mare
agitato sul quale non si rispecchia il sole.
Sintomatologia
Nessuna passione più facilmente di questa dà luogo ad
un’immediata perturbazione di tutto l'organismo né alcuno
somiglia più ad un maniaco che colui che ne è preso fortemente:
“Ira furor brevis”, disse Orazio.
Se ne distinguono due forme principali: l'ira rossa
o espansiva nei forti e l'ira bianca
o pallida o spasmodica nei deboli.
Nella prima il cuore batte con violenza e spinge il sangue alla periferia,
la respirazione si accelera, il viso s'imporpora, il collo si gonfia,
le vene si rivelano sotto la pelle, inoltre i capelli si rizzano, lo
sguardo lampeggia, gli occhi paiono uscir dalle orbite, le narici si
dilatano, la voce diventa rauca, interrotta, esuberante. La forza muscolare
aumenta: tutto il corpo è teso per la lotta e il gesto irresistibile
colpisce, spezza o allontana violentemente l'ostacolo.
Nell'ira bianca il cuore si serra, la respirazione diventa difficile,
il viso si fa molto pallido, un sudore freddo bagna la fronte, le mascelle
si chiudono, si sta in cupo silenzio, ma l'agitazione internamente contenuta
finisce con lo scoppiare brutalmente e si sfoga in colpi violenti, soprattutto
quando implode, sottoponendo il malcapitato a serie conseguenze sul
corpo e sul sistema nervoso.
L’astuta
malizia della collera
Gli impulsi della collera, da qualunque causa provengano accecano gli
occhi dell'anima impedendo di contemplare il Sole della Giustizia Divina.
"Non tramonti il sole sulla vostra collera,
e non fate posto al diavolo" (Ef 4,26).
E che dire allora di coloro che insistono nell'errore?
Essi la conservano per molto tempo e mantengono il rancore con coloro
i quali si sono adirati e tuttavia, vanno dicendo a parole di non esserlo,
ma in realtà il loro contegno dimostra l’opposto.
Ora, poiché non osano rivelare pubblicamente quella loro avversità
e tanto meno tradurla in atto, ritorcono e consumano il veleno del risentimento
dentro il loro animo e per la loro rovina, rimuginando in se stessi
senza riuscire ad espellere l'amarezza, ma solo mitigandola con il passare
dei giorni.
La collera può anche non esplodere, ma impedisce che si introduca
in noi la splendida Luce dello Spirito.
Gesù dice: "Se presenti la tua offerta
all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro
di te, lasciala e corri prima a riconciliarti con lui e così,
ritornando, potrai presentare il tuo dono a Dio." (Mt 5, 23-24).
San Paolo in 1 Tm 2, 8 consiglia di pregare in ogni luogo, elevando
mani pure, senza collera e senza contese. Ne deriva perciò questo
risultato, o ci purifichiamo prima di rivolgerci al Signore oppure non
meravigliamoci che le nostre preghiere rimangano inascoltate e senza
risposta. In tal caso dovremmo riconoscere di non offrire a Dio delle
suppliche ma unicamente la nostra alterigia ostinata, dovuta ad uno
spirito di ribellione.
Concludiamo
questo sintetico lavoro con le parole più soavi che mai siano
state dette e con l’augurio che queste dimorino nei cuori di tutti:
“Imparate da Me che sono mite e umile di
cuore”.
Il Cristo dunque, Via, Verità, Vita, ci invita ancora e sempre
ad imitarlo perché solo Lui
ha le parole di Vita Eterna.
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