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"Non tramonti mai il sole sulla vostra ira"

 

Hieronymus Bosch, Ira, part. dei Sette peccati capitali, 1480-85 circa, Museo del Prado, MadridL'ira è un moto di ribellione. Ci sentiamo offesi da qualcuno, urtati e infastiditi da eventi che non collimano con il nostro modo di pensare. Rimaniamo contrariati, ci riteniamo danneggiati e ostacolati nei nostri desideri.
Daremo in seguito una descrizione più accurata delle sfumature di questa passione. Cerchiamo ora di esporre l'aspetto più nascosto del fenomeno.
Purtroppo infatti, la frenesia, la stanchezza, la superficialità e il desiderio d’evasione da una quotidianità che delude, non ci consentono la corretta "visione" delle cose.
Il Cristo insegna a cercare seriamente, a bussare senza posa, a chiedere senza formalismi, né titubanze e scetticismi.
Rammentiamoci il detto di Goethe: “È giorno ancora, si muove l’uomo alacre, vien poi la notte, ed ogni oprare è vano”, il quale è sublimato in poesia l’insegnamento di Gesù: “Noi dobbiamo operare […] finché è giorno; viene la notte, quando nessuno può lavorare”. Gv 9, 4.
L'uomo è un essere pensante dotato di coscienza e sa, in cuor suo, ciò che è bene e ciò che è male, naturalmente in rapporto all’evoluzione individuale, quindi, quando è succube di uno scatto d’ira, si accorge, in base al suo sentire, di stare esagerando. Ma preso ormai dalla corrente tumultuosa della passione (dunque è passivo) non riesce più a frenare e a controllarsi, e le conseguenze possono diventare gravissime.
Dunque rendiamo più celere il passo della nostra anima, confidenti, ma soprattutto consapevoli della Divina Bontà e Sapienza.

Questo vizio tanto comune, presenta una notevole quantità di gradi, dei quali presentiamo i principali:
La collera deriva dal latino cholera, dal greco cholé (il greco choléra indica la malattia), e designa in primo luogo la "bile", fluido corporeo che si è sempre ritenuto particolarmente collegato alle facoltà irascibili, perché gli antichi la attribuivano all'agitarsi di questo fluido.
Tale passione era dunque secondo loro, un movimento bilioso.
La stizza è un’ira improvvisa e passeggera, provocata per lo più da impazienza e contrarietà.
L'impazienza è un’abituale disposizione ad irritarsi per la minima contraddizione. Si manifesta con una vivacità inquieta e imperiosa, con parole vive ed interrotte, accompagnate dal batter dei piedi e della rapida contrazione dei muscoli della faccia.
Nel fisico come nel morale l'impazienza è segno di debolezza.
Lo sdegno è un vivo risentimento di disapprovazione verso qualcosa che offende, ma quando non riguarda noi (perché sarebbe ferito il nostro orgoglio), allora diventa nobile difesa ai deboli, agli oppressi, agli umiliati.
Il trasporto è una propensione ad ergerci per ogni lieve ostacolo e quindi ad usare un tono di voce disarmonico, a fare gesti scoordinati e molto convulsi accompagnati a volte da parole taglienti e pesanti.
La violenza non si limita alle minacce; più ardente del trasporto si abbandona ad atti di villania o di brutalità verso coloro che ci offendono e ci contraddicono.
Il furore è l’apice dell'ira, è la più impietosa ed eccentrica di tutte le reazioni dell'anima che hanno per oggetto di incalzarci contro il male per respingerlo con… altrettanto male!
Attenzione! La violenza può calcolare il pericolo della resistenza da superare ma il furore, interamente cieco, non sa che precipitarsi sul nemico, qualunque sia la sua superiorità, può ritorcersi contro se stesso allorché non gli sia dato di neutralizzarlo. Il furore può condurre alla pazzia ed anche al suicidio.
L'odio è un'ira prolungata, un'ira cronica. Meno concitato di quest’ultima, all'apparenza fermenta con eguale forza, e quegli che la prova non mancherà di subire gli effetti del dolore morale.
La vendetta è la crisi dell'odio. Consigliera funesta, rode il cuore dello sciagurato del quale si impadronisce, finché non prova la triste gioia di vedere il nemico soccombere sotto i suoi colpi.
Infine esiste una specie di piccola vendetta vergognosa e pusillanime, che si osserva più particolarmente nei bambini, ed è il dispetto, condizione dell'anima rattristata dall'impotenza conosciuta di reagire contro una superiorità fisica o morale.

Nessuna età né persona è esente dall'ira; la più universale e certo la più contagiosa di tutte le passioni; la maggior parte infatti delle altre offende gli individui separatamente mentre essa contagia in un istante tutto un popolo perché un'intera folla, sollevata da pochissime parole può arrivare addirittura al linciaggio. Gli altri vizi oscurano gli animi, l'ira li conduce al precipizio. I suoi effetti sono sempre causa di rimpianto molto amaro.

Cause predisponenti:
La costituzione, il sesso, l'età, il clima, le professioni, la salute o la malattia esercitano una notevole influenza.
I biliosi, i sanguigni e i nervosi sono irascibili in generale più dei linfatici, che vengono dai più chiamati “bonaccioni”.
Il clima freddo asciutto e più ancora il grande caldo dispone all'ira molto più dell’aria mite e del tempo piovoso.
Cause determinanti
Le offese all'amor proprio, alla vanità, all'orgoglio ferito e gli ostacoli opposti ai nostri desideri, sono le cause che più spesso sviluppano in noi questa terribile reazione dell'anima.
Una concausa assai importante è la debolezza che hanno parecchi genitori di concedere ai figli tutto ciò che chiedono con grida e atti d’impazienza. Quando il bambino si sarà servito una volta con buon successo di tale mezzo per ottenere quello che brama, continuerà per istinto ad usarlo; e, se vi ricorre spesso, come potrà poi correggersi di un vizio di cui l'abitudine avrà fatto una seconda natura, mentre un’educazione cominciata fin dalla culla l'avrebbe senza dubbio distrutto o almeno modificato di molto?
Non v'è precauzione che basti a mettersi in guardia contro questo dispotismo della debolezza.
Il sospetto, le errate e preconcette interpretazioni dei discorsi altrui, le supposte offese, la presunta mancanza di rispetto verso la propria persona, sono ulteriori assurdi pretesti che danno fiamma a questa diabolica esplosione di follia.
In realtà, non hanno peso i motivi per i quali diamo in pesanti escandescenze, come non ne hanno quelli che eccitano i fanciulli a litigare e ad insultare.
Sua dinamica
L'ira in principio scaccia e allontana l’uso della ragione e il buon senso, perché il campo resti tutto suo, poi riempie ogni cosa di fuoco, di fumo, di fragore, di tenebre.
Così prima ci si adira con uno, poi con un altro; prima con i genitori, poi con i figli; con le persone che conosciamo, poi con degli sconosciuti; motivi ce ne sono dovunque in abbondanza se lo Spirito non si frappone ad illuminare.
La collera ci spinge all'ingiustizia, così ci adiriamo e ci inquietiamo sia per un contrasto, sia per la coscienza di esserci corrucciati a sproposito.
Il silenzio e la freddezza ci inaspriscono ugualmente, perché né con scuse, né per mancanza di opposizione questo vizio si lascia vincere o addolcire. Abdica la natura spirituale, infatti questa spinge all'amore, quello all'odio; questa predispone al bene, quello al male.
L'ira ci fa dire e fare cose indegne, vergognose, sconvenienti. In una parola ci trasporta tanto oltre da indurci a commettere azioni scandalose e irreparabili, tradimenti, uccisioni, avvelenamenti, cui seguono poi pentimenti lunghissimi, inoltre è di grande ostacolo al progresso spirituale.
Se non è repressa difatti ci fa perdere:
1) Il senno ossia la ponderazione;
2) La gentilezza, che abbellisce le relazioni sociali;
3) La premura della giustizia, perché la passione ci fa misconoscere i diritti del prossimo;
4) Il raccoglimento interno, così necessario all'intima unione con Dio, alla pace dell'anima, alla docilità alle ispirazioni Celesti.
In sintesi come ci insegna Francesco d’Assisi l'ira e il turbamento impediscono la carità; sono come un mare agitato sul quale non si rispecchia il sole.
Sintomatologia
Nessuna passione più facilmente di questa dà luogo ad un’immediata perturbazione di tutto l'organismo né alcuno somiglia più ad un maniaco che colui che ne è preso fortemente: “Ira furor brevis”, disse Orazio.
Se ne distinguono due forme principali: l'ira rossa o espansiva nei forti e l'ira bianca o pallida o spasmodica nei deboli.
Nella prima il cuore batte con violenza e spinge il sangue alla periferia, la respirazione si accelera, il viso s'imporpora, il collo si gonfia, le vene si rivelano sotto la pelle, inoltre i capelli si rizzano, lo sguardo lampeggia, gli occhi paiono uscir dalle orbite, le narici si dilatano, la voce diventa rauca, interrotta, esuberante. La forza muscolare aumenta: tutto il corpo è teso per la lotta e il gesto irresistibile colpisce, spezza o allontana violentemente l'ostacolo.
Nell'ira bianca il cuore si serra, la respirazione diventa difficile, il viso si fa molto pallido, un sudore freddo bagna la fronte, le mascelle si chiudono, si sta in cupo silenzio, ma l'agitazione internamente contenuta finisce con lo scoppiare brutalmente e si sfoga in colpi violenti, soprattutto quando implode, sottoponendo il malcapitato a serie conseguenze sul corpo e sul sistema nervoso.
L’astuta malizia della collera
Gli impulsi della collera, da qualunque causa provengano accecano gli occhi dell'anima impedendo di contemplare il Sole della Giustizia Divina.
"Non tramonti il sole sulla vostra collera, e non fate posto al diavolo" (Ef 4,26).

E che dire allora di coloro che insistono nell'errore?
Essi la conservano per molto tempo e mantengono il rancore con coloro i quali si sono adirati e tuttavia, vanno dicendo a parole di non esserlo, ma in realtà il loro contegno dimostra l’opposto.
Ora, poiché non osano rivelare pubblicamente quella loro avversità e tanto meno tradurla in atto, ritorcono e consumano il veleno del risentimento dentro il loro animo e per la loro rovina, rimuginando in se stessi senza riuscire ad espellere l'amarezza, ma solo mitigandola con il passare dei giorni.
La collera può anche non esplodere, ma impedisce che si introduca in noi la splendida Luce dello Spirito.
Gesù dice: "Se presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lasciala e corri prima a riconciliarti con lui e così, ritornando, potrai presentare il tuo dono a Dio." (Mt 5, 23-24).
San Paolo in 1 Tm 2, 8 consiglia di pregare in ogni luogo, elevando mani pure, senza collera e senza contese. Ne deriva perciò questo risultato, o ci purifichiamo prima di rivolgerci al Signore oppure non meravigliamoci che le nostre preghiere rimangano inascoltate e senza risposta. In tal caso dovremmo riconoscere di non offrire a Dio delle suppliche ma unicamente la nostra alterigia ostinata, dovuta ad uno spirito di ribellione.
Concludiamo questo sintetico lavoro con le parole più soavi che mai siano state dette e con l’augurio che queste dimorino nei cuori di tutti: “Imparate da Me che sono mite e umile di cuore”.
Il Cristo dunque, Via, Verità, Vita, ci invita ancora e sempre ad imitarlo perché solo Lui ha le parole di Vita Eterna.
 


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