Il
nostro studio sui sette vizi capitali si conclude con l’analisi
del significato della lussuria.
Abbiamo scritto, riferendoci anche alla “gola”,
che essi sono due mali molto diffusi perché strettamente connessi
alla natura umana della nostra esistenza terrena. Questo valga però
come mera considerazione e non diventi un alibi col quale sottrarci
al combattimento spirituale di cui necessitano.
Riteniamo di dover porre l’accento su quest’ultimo pensiero
perché è fuori dubbio che il mondo in cui viviamo sia
popolato da innumerevoli stimoli all’impudicizia e da continui
“attentati alla castità”. Attraverso le varie trasmissioni
televisive, anche quelle rivolte al pubblico più vasto, le
allusioni e i doppi sensi si sprecano.
Dalle pubblicità del piccolo schermo a quelle della carta stampata,
cartelloni, calendari… troviamo insistentemente dei tentativi
di battere sul “tasto lussuria” e, se questo bombardamento
è così massiccio, significa che colpisce nel segno.
La ricerca di conquiste economiche e commerciali o di un seguito di
popolarità, induce i mass-media a cercare obiettivi sensibili
e ricettivi ad un certo messaggio piuttosto che ad un altro, e il
fatto che donne e uomini seminudi in pose oscene imperversino, ci
fornisce un quadro ben chiaro della situazione.
Purtroppo questa chiarezza vale per chi ha le “orecchie d’anima”
ben tese a raccogliere gli insegnamenti di Cristo e la volontà
ferrea di rigettare le tentazioni e non per la maggior parte dell’umanità
che invece sguazza in questo mare di schifezze e non si accorge che
si sta lentamente abituando ad esse, fino a considerarle normali,
comuni e quindi legittime.
La lussuria è un male grave! Debilita l’uomo spiritualmente,
moralmente, psicologicamente e nel fisico, rendendolo schiavo del
desiderio.
La volontà diventa prigioniera dei meccanismi ripetitivi della
carne che devono essere sovvertiti perché nemmeno l’avanzare
degli anni ne attenua il moto degenerativo.
Il termine lussuria
deriva dal latino luxus (rigoglio, lusso) e indica
una brama sfrenata di godimenti carnali, relativi al sesso.
In senso più ampio definisce un tormentoso desiderio di possesso.
Ovvio che l’istinto sessuale presente in ogni essere non vada
demonizzato. Esso esiste quale valido “incentivo” predisposto
dalla Sapienza divina per condurci all’affratellamento. Un uomo
e una donna, provando un’attrazione reciproca naturale, sono
condotti ad unirsi, a formare un binomio d’amore che nutrirà
d’affetto i propri figli. Non saranno certo esenti da nobili
sentimenti i futuri nipoti di quella coppia originaria e gli zii,
i pronipoti, ecc. Si crea così un ambito familiare in cui regnano
benevolenza, dolcezza e protezione verso i più piccoli. Per
mezzo di una spinta istintuale si generano nuclei di solidarietà
che si espande sempre più attraverso le generazioni.
Nella Bibbia troviamo delle prescrizioni molto severe circa la fornicazione,
l’adulterio, l’omosessualità, la bestialità,
punite addirittura con la morte (cfr. Lv 20, 10-21; Dt 22, 13-29;
Gn 28, 20).
Nel Nuovo Testamento Gesù dimostra tutta la Sua misericordia
con i pubblicani e le meretrici; ma, nello stesso tempo, colpisce
alla radice la colpa: «Avete
inteso che fu detto: Non commettere adulterio. Ma Io vi dico: chi
guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio
nel suo cuore».
Il Cristo continua legando il desiderio allo sguardo: «Se
il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo
via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri piuttosto che
tutto il tuo corpo sia gettato nella Geenna».
Desiderio e occhi impuri provengono da un cuore malsano, è
da lì, infatti, che escono i «propositi malvagi,
gli omicidi, gli adulteri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze,
le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l’uomo»
(Mt 15, 19).
Non dimentichiamoci che il nostro corpo è Tempio dello Spirito
Santo e che siamo stati riscattati a caro prezzo dalla schiavitù
di satana dal Salvatore stesso. Dobbiamo dunque glorificarlo nel nostro
corpo; certo non insultarlo con la lascivia.
«Né immorali, né
idolatri, né maldicenti, né rapaci erediteranno il Regno
di Dio» (1 Cor 6, 9; Rm 1, 24-27). Questo
anche perché, lo ha approfondito San Tommaso d’Aquino
nella Summa Teologica, il disordine sessuale provoca danni alle facoltà
mentali dell’individuo. Lo Spirito è
forte ma la carne è debole e, se gli istinti inferiori
vincono, la ragione e la volontà capitolano e ne derivano sconsideratezza,
cecità di mente e intemperanza.
Ognuno di noi ha gli elementi per vagliare i propri pensieri, le parole
e le azioni. Siamo esseri dotati di coscienza; ascoltiamo questa voce
interiore che proviene direttamente dallo Spirito di Sapienza. Troppo
spesso siamo sordi alle Sue indicazioni, compromettendo la nostra
purezza.
Siamo tutti soggetti ad un diritto naturale chiaramente inciso nel
cuore di ogni uomo; abbandonarsi al relativismo
dei tempi odierni è solo un espediente per “stiracchiare”
la coscienza che grida allo scandalo.
La Legge di Amore deve imperare sulla terra
come già è in atto nell’intero universo.
Il nostro agire deve essere imperniato sull’amore, a cominciare
da quegli atti che ne devono essere intrisi per definizione.
In virtù di questa logica ineccepibile, tutte le discussioni
che potremmo intavolare su anticoncezionali, masturbazione, libertinaggi
di vario genere, hanno già delle sentenze di condanna inoppugnabili.
È presente l’amore, quando il mio
intento è di soddisfare solo me stesso? Non si tratta forse
di egoismo?
L’amore è donazione, generosità, sacrificio a
favore addirittura del nemico, figuriamoci a quali gradi dovrà
giungere a pro del partner.
La via della perfezione è assai ardua e perigliosa; ci troviamo
a camminare sull’orlo di uno strapiombo che Satana promuove
come agio, comodità e ogni altro bene illusorio e luccicante.
Abbiamo la viva speranza che gli spunti che abbiamo potuto offrirvi
in questa rubrica possano servire a maturare quel discernimento indispensabile
ad ogni uomo che voglia vivere rettamente.
La sequela di Cristo è certo difficile ma è l’unica
rotta che ci porti ad approdo sicuro. Il sestante dell’umiltà
funziona anche col cielo coperto perché rischiara la nostra
Stella Polare che è Gesù. Sperimentiamo il vantaggio
della virtù! Ci donerà la pace interiore che solo la
“buona coscienza” ci garantisce.
Vorrei terminare con una breve poesia composta dal famoso scrittore
Hermann Hesse, premio Nobel per la letteratura
nel 1946. È un’invocazione apparentemente singolare ma
che esalta lo spirito con cui dovremmo porci nei confronti del dolore
che ci può riservare il combattimento spirituale.
Fa’ ch’io
dubiti di me
Ma non di Te, Signore!
Fa’ ch’io assapori appieno
L’angoscia dell’errore,
fa’ che mi lambisca la fiamma di ogni dolore,
fa’ ch’io patisca tutte le ignominie.
Non mi risparmiare,
lasciami rattrappito!
Ma quando avrò distrutto tutto in me,
allora mostrami ch’eri Tu,
che da te è nato il fuoco e il dolore.
Perché accetto la rovina,
perché accetto la morte,
ma posso morire solo in Te.