Questo termine deriva dal latino phoenice e questo dal greco
phoinix - della fenicia, che vuol dire anche rosso.
Uccello favoloso, detto anche araba fenice, raffigurato
come un airone dalle piume d’oro e fiammeggianti. Venerato nell’antico
Egitto, era onorato a Heliopolis e si dice apparisse solo una volta
ogni cinquecento anni.
Gli antichi mitografi abbellirono poi questa immagine con molteplici
dettagli. Narrano che si nutrisse esclusivamente di rugiada e che volasse
in terra straniera raccogliendo (quando fosse stato vicino alla morte)
erbe profumate ed aromatiche che utilizzate sull’altare della
città del Sole, potessero prendere fuoco insieme a lui in una
suprema, “ardente” offerta. Dalle ceneri, dopo tre giorni,
sarebbe appunto rinato l’airone chiamato: “la Fenice”.
Nell’antica
Roma divenne il simbolo della rinnovata energia vitale dell’impero
e con questo significato la si ritrova sulle monete imperiali e sui
mosaici dell’epoca.
I Padri della Chiesa ne trattano in riferimento all’emblema dell’anima
immortale e della Risurrezione di Gesù, tre giorni dopo la sepoltura.
Rappresentava inoltre in molti antichi riti, la morte, la rinascita
e la solarità, per l’attitudine che le si attribuiva di
risorgere dai suoi resti inceneriti.
Nel Physiologus, testo che risale al II sec. d.C. si
legge: “se una bestia irragionevole che non riconosce il Signore
di tutte le cose, risorge a nuova vita dalla condizione di morte in
cui era e potrà alla fine partecipare anch’essa della risurrezione,
come non succederà lo stesso anche a noi che onoriamo Dio e osserviamo
la Sua Volontà?”.
Nella simbologia alchemica rappresenta invece l’annichilimento
e la produzione di nuove sostanze attraverso la metamorfosi della “materia
prima” per giungere infine alla pietra filosofale.
Nell’immaginario
dell’antica Cina alla fenice corrisponde l’uccello fatato
Feng-huang nel quale si armonizzano, come
nell’unicorno, Ky-lin, le due qualità originarie yin e
yang, intese come una totalità in cui permane tuttavia il dualismo
originario.
Anche in relazione a tale significato, questo uccello simbolico è
poi passato ad indicare l’armonia coniugale. Assai problematico
è il confronto spesso tentato, tra la fenice e Quetzal, presente
nella simbolica delle civiltà dell’antico Messico.
Nelle saghe del popolo ebraico la fenice è chiamata Milcham
(J. Bin Gorion 1980 – Bibl. 24), e la sua resurrezione è
così interpretata: “allorché la madre primordiale,
Eva, si rese colpevole di aver colto il frutto dell’albero della
Conoscenza, fu presa da invidia per
le creature rimaste pure, così da spingerle a cibarsi del frutto
proibito. Solo l’uccello Milcham resisté alla tentazione
ricevendo come ricompensa dall’Angelo della Morte di non provare
mai l’esperienza del morire. Milcham allora si chiuse in una città
sicura dove visse per un millennio senza timore della morte: “Mille
anni è lunga la sua vita e quando questi sono passati, il nido
prende fuoco e l’uccello brucia. Si salva un solo uovo, che diventa
un pulcino che poi vivrà ancora per mille anni. Altri affermano
che passato questo periodo, il suo corpo avvizzisce, perde le penne
e le ali. Poi rinnova completamente le sue piume e vola verso l’alto
come un’aquila, divenendo immortale”.
Concludendo possiamo constatare che il simbolo della fenice rappresenta
molto bene l’evoluzione dell’umanità che necessita
del saliscendi reincarnativo per purificarsi e ritornare libera nei
Cieli Infiniti da dove era partita (vedi Origine,
caduta e percorso dell'Umanità).