"Tutti pensano di cambiare il mondo
....................nessuno pensa di cambiare
se stesso"
Pensando a Tolstoj tornano
subito alle mente i nomi dei suoi romanzi più famosi, “I
racconti di Sebastopoli”, “Guerra e Pace”, “Anna
Karenina” ed altre opere della numerosa bibliografia.
Ci sovvengono quindi grandi affreschi di epiche battaglie, della vita
di corte ai tempi dello zar, personaggi indimenticabili come il Principe
Andréj, Pierre, le cui vite si intrecciano magistralmente con
quella di Napoleone e le vicissitudini della sua campagna di Russia.
Già questo basterebbe a rendere imperitura ed universale la genialità
e l’arte di un uomo che riesce a descrivere ed imprimere tanto
bene l’immagine ed i sentimenti di un secolo così denso
di turbamenti e mutamenti come l’ottocento europeo.
Eppure tutto questo non
è altro che piccolo riflesso, periferia, rispetto al pensiero
filosofico e spirituale di un individuo straordinario ed affascinante
come Tolstoj, e quel che sorprende maggiormente è che proprio
questa sua peculiarità sia messa in ombra, quasi soverchiata,
dalle sue stesse opere e da chi dovrebbe occuparsi di istruzione delle
masse e diffusione della conoscenza.
Mai come oggi invece, il pensiero di un individuo tanto illuminato acquista
importanza ed essenzialità. In tempi apocalittici di guerre permanenti
e preventive, di assordante terrore, di disuguaglianze e squilibri,
proprio oggi egli ci insegna la soluzione e la Via d’uscita dall’abisso
spalancato sotto i nostri piedi; l’autore sorprende per l’attualità
delle sue idee.
Lev Nikolaevic Tolstoj
nasce il 28 agosto 1828.
A 9 anni, rimasto orfano si trasferisce con i fratelli da una zia paterna.
Nel 1844 si iscrive alla facoltà di filosofia, nel ’52
si arruola, come sottoufficiale nobile, nella brigata d’artiglieria
e rimane nell’esercito zarista fino al 1856. Uomo colto e avventuroso
si dedica alla vita mondana, al gioco, conosce i maggiori esponenti
politici e della cultura dell’epoca, diviene amico di gente come
Turgenev e Ciaikovskij. Legge autori come Rosseau, Puškin, Gogol’,
Schopenhauer, Kant ed al contempo approfondisce la lettura dei Vangeli.
Poco dopo incomincia un periodo di profonda riflessione ed esame completo
della propria vita e delle sue idee, che sfocerà in una profonda
crisi spirituale che avrà il suo apice negli anni sessanta.
Le sue riflessioni saranno poi scritte nel libro “La confessione”,
dove descrive e riassume i suoi turbamenti, le sue domande e le risposte
che è riuscito a darsi riguardo al suo rapporto con Dio.
Sente il peso della vita e la vanità di un’esistenza come
la sua, infelice e senza scopo apparente, rifiuta la vita passata ma
non riesce a sentire vero il messaggio religioso che vede contraddetto
dalla ragione e dalla scienza. Si trova come diviso in due, qualcosa
gli sfugge e non si dà pace.
La chiave di volta del suo ragionamento introspettivo è semplice
quanto autentica, egli afferma:
“Compresi il
mio errore, e la sua origine. Avevo sbagliato non perché il mio
pensiero fosse errato, ma perché la mia vita era indegna. Compresi
che la Verità mi era stata nascosta non dall’errore del
mio pensiero, ma dalla mia stessa vita consumata a soddisfare ogni capriccio
e che eccezionalmente mi consentiva di abbandonarmi all’epicureismo.”
Ed ecco che quindi la ricerca di Dio deve necessariamente passare attraverso
l’autoperfezionamento morale. Per essere felice l’uomo deve
lavorare, per se stesso ma anche e principalmente per la collettività.
Orientando al bene la propria vita, l’uomo entrerà sempre
di più in contatto col divino.
Già in questo periodo egli traccia le basi, il perimetro di quella
meravigliosa concezione che maturerà da qui in poi esponenzialmente
nel corso degli anni.
La ricerca di Dio diventa ragione principale dei suoi scritti e riflessioni,
il pensiero filosofico si fa più lucido, Tolstoj teorizza la
concatenazione di cause, tesa ad affermare che se noi esistiamo deve
necessariamente esistere la causa della nostra esistenza e quindi la
Causa di tutte le cause, cioè Dio.
E se vi è una Causa tanto grande a monte, quale deve essere il
nostro rapporto con essa?
Nel frattempo i suoi studi proseguono, sente la necessità di
conoscere ancor più in profondità il Buddismo, l’Islamismo
ed il Cristianesimo, lo studio comparato delle religioni lo occuperà
molto.
Ancora combattuto dal conflitto fede/razionalità non trova però,
nelle religioni costituite e nei suoi sacerdoti, risposte soddisfacenti;
egli non sente quella vibrazione in grado di soddisfarlo, la trova però
negli umili, nella massa sterminata dei lavoratori, degli schiavi, è
come se uscisse da un sogno.
I ceti poveri, gli umiliati, gli ignoranti, comprendono il senso della
vita meglio che i dotti ed i preti; Tolstoj se ne rende conto da come
il popolo vive la sua miseria, con quale accettazione accoglie la malattia
e la morte, il mutuo soccorso, l’aiutarsi vicendevolmente è
parte integrante della loro vita;
queste genti sono mosse da una forza recondita, la Fede, che permette
loro di sopportare gli affanni dell’esistenza meglio di tanta
gente istruita. E’ per lui un’autentica rivelazione!
Inizia a costruire gratuitamente numerose scuole per i figli di contadini
e lavoratori, ed in alcune di esse insegna come maestro, riscatta dei
terreni da donare al popolo, scrive numerosi testi di pedagogia e libri
per bambini, convinto che è dall’infanzia che rinascerà
una nuova umanità, insegnando ai fanciulli i concetti di fratellanza
ed amore si creerà un mondo migliore.
Eppure non è ancora alla svolta definitiva, il suo tenore di
vita non è ancora in linea col Vangelo.
Ed ecco che nel 1877 Tolstoj cambia radicalmente il suo modo di vivere
e di considerare l’ambiente colto, nobile ed opulento in cui è
sempre vissuto, diviene ora un uomo nuovo, grazie alla fama acquisita
(che adopera come cassa di risonanza) decide di schierarsi apertamente
contro il governo zarista e la chiesa ortodossa.
Predica la povertà ed una vita semplice, basata sulla reale messa
in pratica degli insegnamenti presenti nel Vangelo, che si preoccuperà
di tradurre per il popolo, affinché possa leggerlo.
“Chiunque di voi non rinuncia a ciò che ha, non
può essere mio discepolo” (Luca 14.33)
L’autore dona tutti i proventi delle sue opere letterarie, le
sue rendite, ha capito che solo donando, con la piena identificazione
e l’imitazione di Cristo, si può ottenere la vera felicità.
La riunificazione dell’umanità può avvenire solo
attraverso l’Amore;
la società è formata da numerosi individui, se essi cambiano,
la società muta per conseguenza.
Tolstoj scrive molti saggi contro la pena di morte e gli strumenti di
coercizione come le prigioni e le punizioni pubbliche; flagellazioni
e gogne erano ancora praticate in Russia spesso a spese dei contadini
costretti a subire continue umiliazioni.
Si forma anche uno dei punti cardine del suo pensiero, la non resistenza
al male, nel 1882 scrive:
"Non si deve
usare la forza per soccorrere e difendere i propri simili, perché
il bene non può essere compiuto con la violenza, ossia con il
male...
A chi pretende che fare la guerra e combattere per i fratelli, sia un
diritto di legittima difesa, risposi sempre:
Presentare il petto ai colpi altrui, sì; ma fucilare i nostri
simili, non è difesa, ma assassinio...
Approfondite con lo spirito le parole del Vangelo e voi vedrete come
il comandamento così breve, così categorico, che ordina
«di non resistere al male, cioè non rendere male per male»
(Matteo V, 38-39), se non il massimo è però uno dei principali
ammaestramenti di Cristo...
È evidente che se per combattere un male, usassi anche la più
leggera violenza, un altro male sopravverrebbe, poi un secondo, un terzo;
e così milioni di violenze isolate, genererebbero di nuovo questo
terribile flagello che regna e ci opprime...
Il cristiano sa che solo combattendo il male col Bene e con la Verità,
egli fa tutto ciò che può per compiere la Volontà
del Padre. Non si può spegnere il fuoco col fuoco, asciugare
l'acqua coll’acqua, combattere il male col male". (Lettera
all'amico Engelgardt)
Ed ecco che l’attualità
del pensiero tolstojano è maggiormente evidente, in un mondo
dove la guerra sembra l’unica risposta che i governanti riescono
a dare ad azioni che a loro volta sono effetti di cause che si ripetono
in un circolo vizioso il cui alimento sono la povertà, l’ignoranza.
Ribadirà ulteriormente il concetto in un saggio uscito in occasione
del conflitto russo-giapponese dall’emblematico titolo “Ricredetevi!”;
cosa è più importante, l’opera di Dio o l’avidità
dell’uomo?
“Prima che cominciasse questa cosa che si chiama GUERRA, chiunque
sia stato a incominciarla - così dovrà rispondere ogni
uomo che si sia davvero ricreduto -, era già cominciata innanzitutto
l'opera della mia vita. E l'opera della mia vita non ha nulla in comune
con i diritti che accampano su Port-Arthur i cinesi, i giapponesi o
i russi. L'opera della mia vita sta nell'adempiere alla volontà
di Colui che mi ha mandato in questa vita. Questa volontà è
che io ami il mio prossimo e lo serva....”. Ma ormai gli
scritti di Tolstoj circolano solo clandestinamente stritolati dalla
censura.
Nel 1893 i sacerdoti ricevono l’ordine di predicare contro l’eresia
tolstojana di poter fare a meno della chiesa per raggiungere il paradiso.
Tra le maggiori innovazioni, Tolstoj teorizza delle comuni di stampo
agricolo dove si possa vivere insieme in fratellanza come i primi cristiani,
dividendo ogni avere, mettendo in comune i beni e gli strumenti di produzione
e cessando di fare offerte (al tempo obbligate) agli organi ecclesiali,
ma di devolvere l’eventuale abbondanza ai bisognosi.
Nel 1894, Tolstoj scrive la sua opera spirituale più importante
“Il regno di Dio è in voi”, dove raggiunge
le più somme vette del suo pensiero spirituale, evidente manifestazione
di un’ispirazione proveniente dall’Alto, un messaggio di
Speranza e Salvezza per tutte le genti.
In questo mirabile volume viene analizzata la società e proposta
la soluzione ai suoi mali e problemi; il libro è la summa del
pensiero e delle teorie di una vita densa di riflessioni.
Ancora una volta, l’attualità sorprendente del pensiero
e delle considerazioni dell’autore impongono un’analisi
accurata e la seria presa in considerazione dei concetti qui espressi.
La via spirituale ed il cristianesimo sono qui proposte come soluzione
ai maggiori problemi sociali e individuali, Cristo apre la terza fase
della storia dell’umanità, è il Nuovo che avanza,
il futuro.
Tolstoj afferma con vigore l’applicabilità degli insegnamenti
cristici nella vita del singolo e della collettività, egli mette
a nudo le contraddizioni fra la nostra vita e la coscienza cristiana,
“la vera causa di tutti i malintesi sul cristianesimo
sta nel credere che esso si possa accettare senza cambiar vita”.
Mutare il modo di pensare e di vivere e renderlo conforme a quello di
Cristo!
Questo il postulato delle sue riflessioni, l’umanità vive
contraria alla propria coscienza, è questa la principale causa
degli attriti tra i popoli e dei numerosi conflitti.
Non manca una costruttiva critica agli intellettuali, impegnati a produrre
una cultura futile e priva di etica, le posizioni rispetto alla guerra,
qualsiasi guerra e per qualsiasi motivo dovrebbe essere ripudiata, agli
intellettuali il compito di cambiare il modo di affrontare ed osservare
i problemi sociali. L’autore incita a disertare il servizio di
leva, perché non si possono avere due padroni, e la volontà
di Dio non ha nulla a che fare con la guerra o le armi, che devono essere
ripudiate incondizionatamente.
Qui formulò inoltre l’accusa che nel 1901 lo portò
(a dire il vero senza particolare turbamento dell’autore) alla
scomunica da parte della chiesa ortodossa:
“Per quanto possa parere strano, ogni chiesa, come chiesa,
è sempre stata e non può non essere un’istituzione,
non solo estranea, ma anzi direttamente opposta alla dottrina del Cristo.
Non è senza motivo che tutte, o quasi tutte le pretese sette
cristiane hanno riconosciuto la chiesa nella grande peccatrice predetta
nell’Apocalisse.
Non è senza motivo che la storia della chiesa è la storia
delle più grandi crudeltà e dei peggiori orrori.”
“Basterebbe all’uomo del tempo nostro di comprare per
tre soldi un Vangelo e leggervi le parole così chiare del Cristo,
parole che non richiedono alcun commento, come quelle dette alla Samaritana,
cioè che il Padre ha bisogno di fedeli, non a Gerusalemme, né
su questo monte, né su quell’altro, ma di fedeli nello
Spirito e nella Verità, come quelle che affermano che il cristiano
deve pregare, non come un pagano in un tempio, ma in segreto nel suo
ritiro e che il discepolo del Cristo non deve chiamare nessuno padre
o maestro; basterebbe leggere queste parole per convincersi indiscutibilmente
che i pastori delle chiese che si chiamano da loro medesimi maestri,
non hanno alcuna autorità, e ciò che essi insegnano non
è il cristianesimo”.
Il punto principale sul quale il libro ruota è il Cristo ed i
suoi insegnamenti, in piena libertà e rispetto per qualunque
razza, credo o religione, siamo tutti figli di Dio ed è importante
ribadirlo.
“La dottrina del Cristo guida gli uomini mostrando loro la
Perfezione infinita del Padre celeste, perfezione alla quale ogni uomo
può mirare liberamente, in qualsiasi grado di imperfezione si
trovi”.
Il pensiero di Tolstoj esprime una grande verità, la
Via del Cristo è aperta a tutti indistintamente, sta
a noi raggiungerla, è una questione di volontà
ed applicazione.
“La Perfezione divina è l’asintoto della vita
umana; l’umanità tende sempre verso di lei; le si può
avvicinare, ma non può raggiungerla che nell’infinito”.
Questo è un incitamento continuo a migliorarsi nell’umiltà,
utilizzando Cristo come modello di vita, come uomo del terzo millennio,
come risposta all’ondata di male e violenza. Se ognuno di noi
vivesse per servire l’altro, se tutti avessimo a cuore la salute
fisica e spirituale dei nostri fratelli il mondo sarebbe presto un paradiso,
non più frontiere, niente prigioni, la piena libertà in
Cristo.
“Il progresso dell’umanità si compie non perché
gli oppressori divengono migliori, ma perché gli uomini assimilano
ogni giorno di più il concetto cristiano della vita”.
L’unico limite al raggiungimento di questa limpida e meravigliosa
Meta è rappresentato dalla nostra paura di perdere ciò
a cui siamo attaccati, manca la fiducia ad abbandonarsi alla Via indicata
dal Cristo; la paura di rimanere soli ci lega.
Tolstoj comprende questi timori; comprende anche che è impensabile
che l’umanità tutta, contemporaneamente, cessi la vita
abitudinaria e dissipata che attualmente compie per mutare in maniera
così netta; serve quindi chi, per primo, compia questo passo
liberatorio, chi funga da esempio. Una delle più belle metafore
presenti nel libro dice:
“Gli uomini nel loro stato attuale rassomigliano ad uno sciame
sospeso ad un ramo. La sua situazione è provvisoria e deve essere
assolutamente cambiata. Bisogna ch’esso voli e cerchi un’altra
abitazione. Ogni ape lo sa e desidera modificare questa situazione,
ma esse sono attaccate le une alle altre e non possono volare tutte
insieme, e lo sciame rimane sospeso. Parrebbe che non vi fosse via d’uscita
né per le api, né per gli uomini presi nella rete del
concetto sociale. Non ve ne sarebbe, infatti, per le api, se ciascuna
non fosse provvista di ali; non ve ne sarebbe per gli uomini, se ciascuno
non fosse dotato della facoltà di assimilarsi il concetto cristiano.
Se nessun’ape prendesse il volo senza aspettare le altre, lo sciame
non cambierebbe mai posto; e se l’uomo che si è assimilato
il concetto cristiano non vivesse secondo questo concetto, l’umanità
non cambierebbe mai situazione”.
La dottrina della non violenza e non resistenza al male teorizzata da
Tolstoj diede un meraviglioso e benefico frutto da chi seppe metterla
in pratica e quel che successe al Mahatma
Gandhi lo dimostra:
“Quarant’anni fa, mentre attraversavo una grande crisi
di scetticismo e dubbio, incappai nel libro di Tolstoj e ne fui profondamente
colpito. A quel tempo credevo nella violenza.
La lettura del libro mi guarì dallo scetticismo e fece di me
un fermo credente nell’ahmsà”.
Cosa fare dunque, come poter mettere in pratica gli insegnamenti di
Tolstoj, che poi è la Via del Cristo nella nostra vita?
Intanto, per prima cosa, non rispondendo al male col male, non cedere
alle provocazioni, qualunque esse siano e qualunque sia la loro portata.
Amare i nostri nemici, rispondere all’odio con la forza dell’Amore,
non giudicare, tenere a bada i nostri pensieri, aiutare il prossimo,
e soprattutto essere di esempio, come l’ape che per prima vola
via dal ramo verso fiori profumati e dagli splendidi colori.
Realizzare la Via del Cristo è possibile, un Dio di Amore non
può chiedere l’irrealizzabile!
“Ecco perché questa Potenza non può chiederci
ciò che è irrazionale ed impossibile: l’ordinamento
della nostra vita temporanea materiale, della vita, della società
o dello stato. Questa Potenza ci chiede ciò che solo è
ragionevole, certo e possibile: servire il regno di Dio, cioè
concorrere allo stabilimento della più grande unione fra tutti
gli esseri viventi; unione possibile soltanto nella Verità rivelata,
cosa che è sempre in nostro potere”.