Il
15 gennaio 1929, ad Atlanta, in Georgia, nasceva un sognatore ed un
profeta, le cui aspirazioni erano destinate a divenire concreta realtà;
un uomo in grado di scuotere le fondamenta della società americana
rilevandone le contraddizioni e le ipocrisie latenti.
Martin Luther King, predicatore della chiesa battista dal 1947,
è una di quelle individualità, destinate ad essere punto
di riferimento e di studio, per chiunque abbia a cuore la Causa della
Pace e della Fratellanza universalmente intese.
Fin da giovane, il reverendo King, futuro leader del movimento per i
diritti civili dei neri, dimostrò sincero interesse per la vita
e gli insegnamenti del maestro della nonviolenza:
“…giunsi a studiare la vita e gli insegnamenti del Mahatma
Gandhi. A mano a mano che leggevo le sue opere mi scoprivo sempre
più affascinato dalle sue campagne di resistenza non violenta.
L’intero concetto gandhiano della satyâgraha (forza della
Verità), aveva per me grande significato.
Mentre approfondivo lo studio della filosofia di Gandhi, il mio scetticismo
sulla forza dell’Amore diminuiva progressivamente, e giunsi a
comprendere per la prima volta che la dottrina cristiana dell’Amore
messa in atto attraverso il metodo gandhiano della nonviolenza, era
una delle armi più potenti a disposizione degli oppressi nella
loro lotta per la libertà”.
A quel tempo, il fenomeno della segregazione razziale all’interno
della società dei neri d’America (e di altre minoranze),
era all’ordine del giorno: le persone di colore erano socialmente
ed economicamente subordinate ai “bianchi”, i cui governi
applicavano leggi ingiuste ed asimmetriche.
Quello che oggi, nella nostra cultura, pare assurdo ed anacronistico
proprio grazie ad uomini come Luther King, nell’America degli
anni ‘50 e ’60 era la normalità.
Marciapiedi ampi e puliti per i bianchi, la strada fangosa per i neri,
fontane ad altezza d’uomo per gli uni e rasoterra per gli altri,
posti a sedere “riservati” sugli autobus ed altri in piedi
e così via.
Gli uomini e le donne di colore, giustamente indignati ed esausti per
questo immotivato e vile trattamento, sognavano un mondo dove almeno
i loro figli avessero diritto allo studio, alla formazione lavorativa,
ad un corretto e partecipe inserimento nella vita sociale.
“La segregazione è un male evidente. E’ assolutamente
non cristiana”, questo è il punto di partenza.
La dottrina cristiana rettamente intesa, insegna l’Amore, la Comprensione
e l’Affratellamento, ed è opportuno lavorare duramente
affinché questi principi si affermino con maggiore incisività
nel mondo.
La scesa in campo di King ha inizio nel 1955, proprio con questo preciso
intento.
Il 1° dicembre, a Montgomery, in Alabama, una signora nera di mezza
età, venne arrestata perché, dopo una lunga giornata di
lavoro, non cedette il proprio posto sull’autobus ad un cittadino
bianco sopraggiunto dopo di lei.
Per la popolazione di colore, fu la goccia che fece traboccare un vaso
già colmo di lacrime.
Stanca di questi soprusi, la comunità nera, decise di riunirsi
e discutere il da farsi; ciò avvenne nei luoghi di aggregazione
sociale e nelle chiese; ed è proprio in una di queste, che predicava
il reverendo Martin Luther King.
Vennero distribuiti oltre quarantamila volantini, ove si proclamava
un’azione di boicottaggio, indirizzata al non utilizzo degli autobus,
il lunedì 5 dicembre.
Oltre ventimila neri aderirono, Martin Luther King venne eletto presidente
della “Montgomery Improvement Association” e, come tale,
diede immediatamente una marcata impronta nonviolenta alle proteste
e alle attività della campagna per i diritti civili appena avviata.
Scioperi e boicottaggi infatti, nell’ottica gandhiana di azione
nonviolenta, devono essere intesi come non collaborazione al male, sia
esso rappresentato da una potenza straniera vessatrice, da un apparato
statale con leggi inique o da un fondamentalismo religioso che viola
le libertà, ecc…
La prima modesta richiesta dell’associazione fu:
“che i viaggiatori possano prendere posto secondo l’ordine
di salita, i neri a cominciare dalle ultime file”.
La protesta ed il mancato utilizzo dei mezzi pubblici sarebbe continuato
ad oltranza, fino a quando le istanze non fossero state esaudite.
I neri si organizzarono autonomamente con un sistema di staffette e
passaggi, in un mutuo soccorso che li rese ancora più vicini
alla comune Causa della Libertà.
La protesta crebbe d’intensità e durò fino al 21
dicembre 1956!
Solo allora, la corte suprema dello Stato dell’Alabama dichiarò
incostituzionale la separazione razziale: una prima, importante vittoria,
fu raggiunta senza che alcun atto di violenza fosse compiuto!
Nel frattempo, la popolarità del reverendo King crebbe in tutti
gli Stati Uniti, tanto che la sua foto comparve sulla copertina della
popolarissima rivista “Time”.
E’ interessante notare, come in questo contesto, le chiese siano
divenute protestanti e militanti nel senso più ampio del termine,
fungendo da centri di raccolta e da smistamento fondi per il soccorso
dei bisognosi; come casse di risonanza per le opinioni e le azioni da
intraprendere o addirittura teatri in cui si potessero simulare situazioni
conflittuali con le relative risposte nonviolente da adottare.
Martin Luther King, ormai leader, si battè contro i luoghi comuni,
come quello di ritenere i neri, le minoranze e gli immigrati, come potenziali
ladri, truffatori, persone da considerarsi ai margini. Questo tipo di
associazione di idee, permearono a tal punto la società, tanto
da provocare ai soggetti l’immedesimazione alle parti loro attribuite,
seguendo un errato pensiero comune; perdendo quindi la fiducia in se
stessi e ricoprendo un ruolo non appartenente alla loro natura.
Il processo di reinserimento sociale deve necessariamente passare attraverso
l’autoconsapevolezza di sé; l’uomo di colore, deve
dunque acquisire di suo, il rispetto per il proprio essere e migliorare
la propria condizione attraverso la costanza ed il perfezionamento morale
e culturale, perché:
“finché il cervello è reso schiavo, il corpo
non può essere libero”.
Occorre lottare contro schemi mentali precostituiti e paure ingiustificate.
In un acceso discorso sul dilemma delle società liberali, egli
espresse parole e concetti che hanno tutt’ora consistenza per
gli immigrati e per i gruppi minoritari in occidente: “Molti
bianchi del Sud vedono se stessi come una minoranza timorosa in un oceano
di neri. Essi credono sinceramente, con una parte del loro cervello,
che gli stessi siano depravati e portatori di innumerevoli malattie.
Vedono ogni sforzo verso l’uguaglianza razziale come un precipitare
nell’imbastardimento…”.
La risposta al disagio è l’integrazione reciproca e il
crollo delle barriere immaginarie che dividono gli uomini.
La protesta dilatò i suoi confini ed acquistò forma e
concretezza rilevanti; i boicottaggi e la disobbedienza civile si estesero
anche ad altri settori e beni di prima necessità (quindi l’economia
è partecipe della lotta). A tutto ciò si accompagnarono
azioni legali spesso mirate agli apparati repressivi dello Stato e contro
le violenze ingiustificate da parte della polizia. Furono perseguiti
inoltre giuridicamente i vili attacchi di gruppi di estrazione neonazista,
del “potere bianco” e del Ku Klux Klan. Tutti costoro più
volte attentarono alla vita dei collaboratori della protesta, situando
cariche di dinamite nelle chiese dei neri, senza che alcun colpevole
venisse trovato.
Proprio a Birmingham (città che subì in un anno, diciassette
attentati dinamitardi ad opera del KKK), ebbe inizio una delle più
importanti campagne di sensibilizzazione nonviolente di Martin Luther
King.
Si compirono raduni di preghiera, digiuni, marce, molte conferenze e
dibattiti pubblici, dove venivano spiegate le giuste rivendicazioni
del movimento per i diritti civili.
Ma ancora una volta, la legge dello Stato si dimostrò permeata
di spirito razzista:
Durante una marcia, tenuta la sera del venerdì Santo, vennero
imprigionate centinaia di persone e, fra di esse, per la tredicesima
volta Martin Luther King.
La, in una cella, scrisse la famosa “Lettera da una prigione di
Birmingham”, che fu una severa risposta ai ministri della Chiesa
“liberale” dell’Alabama; più di una volta il
clero “bianco” (economicamente coinvolto), tentò
di persuadere Luther dal proseguire la sua campagna, sotto l’ipocrita
suggerimento di aspettare tempi migliori e di non sovvertire l’ordine
precostituito.
Egli rispose con la schiettezza della Verità:
"Quando attraversi il Paese e sei costretto a dormire notte
dopo notte negli angoli scomodi di un’automobile, perché
non c’è un motel che ti accolga; quando giorno dopo giorno,
vieni umiliato dai cartelli provocatori “per bianchi” e
“per gente di colore”;
quando non hai più un nome perché ti chiamano “nigger”
(negro) e non hai altro appellativo che “boy” (ragazzo),
qualunque sia la tua età, e il tuo cognome è comunque
“John”;
quando a tua moglie e a tua madre non viene mai riconosciuto il titolo
di riguardo “Mrs.”(signora);
quando il fatto di esser nero ti tormenta di giorno e ti perseguita
di notte e ti costringe a camminare sempre in punta di piedi, allora
bisogna comprendere perché a noi risulti tanto difficile aspettare”.
Inoltre egli motivò le sue azioni spiegando che:
“In qualunque campagna nonviolenta bisogna fare quattro passi
fondamentali:
1) Raccogliere i fatti per determinare dove si trova l’ingiustizia
2) Negoziare
3) Autopurificarsi
4) Intraprendere un’azione diretta”.
Le proteste comunque, ripresero con maggior vigore dopo la scarcerazione
di King, sempre rispettando le regole della pace e della disobbedienza
civile ma, ad ogni marcia pacifica, la polizia rispondeva con manganelli
e idranti; gli abusi finirono per coinvolgere anche centinaia di ragazzi
e bambini che si erano nascosti nelle chiese.
La situazione era tesa; Martin Luther King viene nuovamente arrestato,
il Provveditorato agli studi allontanò millecento giovani con
l’accusa di violenze alle manifestazioni.
Ma la lotta, tenacemente continuò e dilagò a macchia d’olio.
I commercianti bianchi, le istituzioni furono messe di fronte all’eventualità
di considerare i pari diritti i neri; di abolire la segregazione razziale
nelle scuole; la necessità di un’edilizia popolare e di
equi salari lavorativi.
La costanza di Martin Luther King nel proseguire, nonostante le difficoltà
e gli ostracismi (anche delle istituzioni religiose), derivò
dal fatto che egli seppe guardare positivamente il futuro.
“Noi che viviamo nel ventesimo secolo abbiamo il privilegio
di vivere in uno dei più importanti momenti della storia dell’uomo.
E’ un’era emozionante, colma di speranza. E’ un’era
nella quale sta nascendo un nuovo ordine sociale.
Ci troviamo oggi fra due mondi: quello vecchio che sta morendo e quello
nuovo che sta sorgendo”.
La Nuova Era ci chiede di elevarci sopra gli interessi individuali e
indirizzarci verso gli obiettivi più vasti di tutta l’umanità.
L’intera comunità mondiale deve funzionare come un solo
organismo collettivo, senza limiti e frontiere; questo può essere
fatto solo applicando la Legge dell’Amore.
L’inizio del cammino è proprio quello di affrontare ogni
ingiustizia, ogni sopruso rivolto al fratello, con la nonviolenza.
L’11 giugno 1963, il presidente Kennedy fece un discorso alla
Nazione: la legge sui diritti civili negli Stati Uniti andava rivista!
In risposta a questo, scoppiarono tumulti nel Paese: quattro ragazze
nere di circa undici anni, vengono brutalmente uccise da una bomba,
durante una lezione di catechismo.
Il
28 agosto 1963 sarebbe rimasto un giorno memorabile e una delle pagine
più belle per l’intera storia dell’umanità.
Fu il giorno della grande marcia su Washington, centinaia di migliaia
di persone, nere e bianche, marciarono unite per chiedere un mondo migliore,
un mondo diverso, dove Pace ed Uguaglianza non fossero utopie, ma realtà.
Milioni di telespettatori in tutto il mondo, seguirono affascinati questa
splendida dimostrazione di volontà comune.
L’epilogo fu affidato a Martin Luther King, che pronunciò
il suo discorso più famoso,
“I Have a Dream… Io Ho un Sogno…”.
Ispirato dall’Alto, Amore e Poesia si fondono in splendidi colori,
evocando immagini romantiche e suggestive; la folla commossa seguiva,
con la consapevolezza che qualcosa di epocale si stava compiendo:
“Non ho dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo
enormi prove e tribolazioni.
Alcuni di voi sono venuti, reduci dalle anguste celle di un carcere.
Alcuni di voi sono venuti da zone, dove la domanda di libertà
vi ha lasciati percossi dalle tempeste della persecuzione e intontiti
dalle raffiche delle brutalità della polizia.
Siete voi i veterani della sofferenza creativa! Continuate ad operare
con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice.
Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South
Carolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai
vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord, sapendo che
in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà!
Non lasciamoci trasportare nella valle della disperazione.
E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare
le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un
sogno.
E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano: che un
giorno questa nazione si levi in piedi e viva fino in fondo il senso
delle sue convinzioni.
Noi riteniamo ovvia questa verità: che tutti gli uomini siano
stati creati uguali!
Io ho davanti a me un sogno: che un giorno sulle rosse colline della
Georgia, i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di
coloro che un tempo possedettero degli schiavi sappiano sedere insieme
al tavolo della fratellanza”.[…]
La giusta lotta contro l’ingiustizia razziale che animava gli
Stati Uniti non passò inosservata al resto del mondo, e nel dicembre
1964, ad Oslo, in Norvegia, venne riconosciuto a Martin Luther King
il premio Nobel per la pace.
Nel suo discorso di accettazione, con sorprendente attualità,
avrebbe ribadito che:
“Civiltà e violenza sono concetti antitetici.
I neri degli Stati Uniti, ad imitazione del popolo indiano, hanno dimostrato
che la nonviolenza non è passività servile, ma poderosa
forza morale che provoca trasformazione sociale.
Prima o poi tutti i popoli del mondo dovranno scoprire un modo di vivere
insieme in pace e trasformare quindi quest’incombente elegia funebre
cosmica in salmo creativo di fratellanza.
Se si vuole realizzare questo obiettivo, l’uomo deve inventare
per tutti i conflitti umani un metodo che rinneghi la vendetta, l’aggressione,
la rappresaglia.
Il Fondamento di questo metodo è l’Amore”.
Nel 1968, King sostenne la lotta e gli scioperi per i diritti del lavoratori
della nettezza urbana. A Memphis, nel Tennessee, il 28 marzo guidò
una marcia di protesta, il 3 aprile parlò davanti a quindicimila
persone; il tono fu profetico:
"Non so che cosa succederà adesso. Ma non è questo
che mi interessa. Sono salito in cima alla montagna. Non sono preoccupato.
Come tutti, anch’io desidero vivere a lungo. Ma tutto questo ora
non mi preoccupa. Desidero soltanto compiere la volontà di Dio.
Egli mi ha concesso di salire in cima alla montagna. Io ho guardato
oltre e ho visto la Terra Promessa. Forse io non arriverò fin
là con voi. Ma voglio che voi sappiate, questa notte, che noi
insieme, come popolo, giungeremo alla Terra Promessa. Per questo oggi
sono felice. No, non mi preoccupa più niente.
Non temo nessun uomo. I miei occhi hanno visto l’arrivo del Signore,
il Suo splendore.”
La sera del giorno dopo, 4 Aprile 1968, mentre usciva sul balcone dell’albergo
in cui stava, venne raggiunto al mento da un proiettile.
Tutto sembrò spezzarsi... come con Gandhi ed altri martiri prima
di lui.
Ma la fine degli eroi è forse la conclusione delle loro idee
e delle loro imprese? Lui stesso disse: “Si vedono le stelle
solo nel periodo più buio”.
I vili assassini non poterono e non possono fermare l’Idea e il
messaggio di Martin Luther King, bloccare il futuro che avanza nè
tantomeno cancellarne lo splendido esempio! A noi il compito di seguirlo
e di operare affinché gli ideali di Pace e di Fratellanza si
realizzino il più presto possibile.
“Ho parlato della Nuova Era che sta rapidamente nascendo.
Ho parlato del fatto che Dio sta operando nella storia perché
si realizzi questa Nuova Era.
C’è il pericolo quindi, che dopo aver sentito tutto questo,
voi ve ne andiate con l’impressione di poter tornare a casa, mettervi
seduti e non fare nulla aspettando l’ineludibile; il pericolo
che sentiate questa Nuova Era raggiungervi comunque con la facilità
dell’ineluttabile e che quindi, non ci sia altro da fare se non
attendere. Se avete questa impressione siete le vittime di un’illusione.
Dobbiamo accelerare la venuta dell’inevitabile”.