La
perfezione della Legge di Dio si manifesta sempre con uno strabiliante
collegamento tra il vecchio e il nuovo. Sembra un merletto di inestimabile
valore tessuto dalla mano sapiente dell’Eterno: lo Spirito Santo.
C’è un filo conduttore che lega la Pasqua ebraica a quella
cristiana e non è a caso che la morte e la risurrezione di Cristo
coincidano e si sovrappongano.
Il termine “Pasqua” deriva dal latino Pàsha
e questo dall’ebraico Pésah. Significa “Passaggio”.
Tutte e due le ricorrenze sono caratterizzate dunque da una transizione:
Quella dalla schiavitù degli egiziani alla libertà
fisica, ad opera di Mosé, dopo
quattrocento anni di prigionia, la prima.
Quella
dalla schiavitù di Lucifero dopo la Rivolta
iniziale alla libertà spirituale,
riscattata per noi dal Cristo con la Sua immolazione personale, la
seconda.
Egli
ci ha riaperto la Porta dei Cieli.
La
commemorazione israelita prevede che si debbano mangiare in questo giorno
oltre all’agnello sacrificale, pane azzimo ed erbe amare:
1) L’agnello è il simbolo dell’innocenza e della
mansuetudine ed è per questo che è offerto a Dio come
rito di ringraziamento.
2) Il pane azzimo, cioè non lievitato, è l’emblema
della fretta, per il poco tempo a disposizione nella notte dell’ultima
piaga, prima della partenza verso la Terra promessa.
3) Le erbe amare stanno a ricordare l’angoscia del momento (la
morte di tutti i primogeniti egiziani) in cui le tenebre e la durezza
dei cuori avevano coperto tutto.
Ora
l’analisi comparativa:
Sorprende
l’analogia dell’agnello non più animale (materia-immanenza)
ma uomo e che Uomo! Dio stesso (spirito-trascendenza): In Isaia 53,7
troviamo: “Come un agnello destinato al sacrificio, viene
condotto al macello” ; in Gv.1,29 il Battista indica Gesù
come “l’Agnello di Dio che prende su di Sé i
peccati del mondo”; e in Apocalisse 14,1 “Ed ecco
l’Agnello ritto sul monte Sion”, viene raffigurato
trionfante e vittorioso.
La
similitudine del pane ci porta invece ad una riflessione.
In Gv.6,32 leggiamo: “in Verità in Verità
vi dico: Mosé non vi diede il pane venuto dal Cielo, ma il Padre
mio vi dà il Vero Pane del Cielo…”
e vers.35: “Io sono il Pane della Vita: chi viene
a Me non avrà più fame e chi crede in Me non avrà
più sete”.
Il pane dato da Mosé (Es.16,13-16) è la manna nel deserto
che non vivifica e non dà la salute dello Spirito, ma solo alimenta
il corpo così come il pane azzimo, rappresentando la Legge Mosaica,
è privo di lievito, cioè d’Amore, che solo Gesù
ha portato sulla terra per tutti noi.
Infine
le erbe amare. Come non pensare alla somiglianza con l’oscurità
e il dolore della crocifissione, con il vino misto a fiele e con la
spugna inzuppata d’aceto posta in cima ad una canna? (Mt.27, 34-48).
Come
si può vedere, tutti gli avvenimenti del Vecchio Testamento riguardo
alla Pasqua, ci conducono continuamente verso una visione limitata e
cadùca, inerente soltanto al vivere umano e alle necessità
contingenti.
L’innesto del Nuovo ci proietta invece nell’Infinito e nella
Realtà dello Spirito, dandoci quella certezza, attraverso il
Cristo, che la nostra fatica nel tempo non è fine a se stessa,
ma trampolino di lancio per la Vita Vera che ci aspetta e che nessuno
più ci potrà togliere.
Lui,
prendendo il pane, benedicendolo e spezzandolo, lo distribuì
dicendo: “Prendete: questo è il Mio Corpo”.
Poi prese la coppa del vino, fece la preghiera di ringraziamento, la
diede ai discepoli e tutti ne bevvero. E aggiunse: “Questo
è il Mio Sangue offerto per tutti gli uomini. Con questo Sangue
Dio conferma la Sua Alleanza”.
Il
pane è l’alimento fondamentale della vita, senza il quale
si muore!
Il vino è l’essenza della vite come il sangue è
l’essenza del corpo umano, senza il quale si muore!
Dunque ne deriva che: Senza il Pane-Cristo-Amore si muore nello
Spirito!
Senza il Vino-Sangue-Ardore di Fede si cammina al buio, verso
la morte!
Che
questa “Comun(e)unione” sia finalmente, non un evento occasionale
tramandatoci dal Rito, ma una necessità assoluta!
Solo alimentandoci dell’Esempio sublime ricevuto dal Signore,
noi potremo sperare come gli ebrei, nella notte in cui segnarono con
il sangue dell’agnello gli stipiti delle porte, di essere preservati
dalla furia satanica che imperversa nel mondo.
L’Apocalisse di Giovanni parla chiaro quando si riferisce ai Segnati
(Ap.7), i centoquarantaquattromila che simbolicamente rappresentano
l’umanità proveniente dalle dodici tribù d’Israele
e moltiplicatesi su tutta la terra.
Non dimentichiamoci il ceppo “Abramo” identico per le tre
più grandi religioni monoteiste del mondo: ebraismo, cristianesimo
ed islamismo. Quel Segno sulla fronte è proprio il Sangue dell’Agnello,
il simbolo della Croce, l’Acqua ed il Fuoco, la Materia e lo Spirito
che, incrociandosi, danno origine alla Salvezza per sublimazione.
Non evapora forse l’acqua quando incontra il fuoco?
Non si trasforma forse l’uomo-immanenza quando lo Spirito-Trascendenza
pone il suo dominio sulle passioni?
Cerchiamo di non essere miopi dunque ed impariamo a valutare meglio
la sostanza delle cose affinché, fatti adulti, con la maturità
dello Spirito, possiamo davvero determinare il nostro futuro.
Infatti:
“Gesù si alzò ed esclamò a voce alta:
“Se uno ha sete si avvicini a Me
e chi ha Fede in Me beva!
Come dice la Bibbia:
da Lui sgorgheranno fiumi
d’acqua viva”.
Egli diceva questo, pensando allo Spirito di Dio che i credenti avrebbero
poi ricevuto.” Gv.7,37-39
Poiché:
“Se rimanete ben radicati nella Mia parola, siete
veramente Miei discepoli. Così conoscerete la Verità,
e la Verità vi renderà Liberi.” Gv.8,31-32